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domenica 30 maggio 2010

Il Comune non ha vigilato:Il TAR lo condanna a pagare per gli espropri di Via Caserta per gli











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Stabilito pertanto che spetta al ricorrente (Vincenzo Pappalardo) ) il risarcimento del danno, per la perdita del suo bene, e che detto danno va risarcito per equivalente, giusta la richiesta formulata in tal senso dalla “I. A. C. P. Futura”, quanto alla richiesta, del Comune di Bellizzi, di tenerlo esente da ogni responsabilità di natura risarcitoria, in virtù della delega, dallo stesso conferita alla “I. A. C. P. Futura” per il compimento di tutte le attività espropriative, la stessa non può essere accolta, in conformità all’orientamento, espresso nella seguente ulteriore massima: “Ai fini della individuazione del soggetto obbligato al risarcimento del danno derivante da occupazione appropriativa, la delega al compimento delle operazioni espropriative delle aree per la costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare – svolgendosi la procedura non solo in nome e per conto, ma anche d’intesa con il delegante non priva quest’ultimo (Comune) , pur sempre tenuto a promuovere correttamente la procedura ablatoria, dei propri poteri di controllo e di stimolo dell’attività del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio vale a rendere il delegante corresponsabile dell’illecito.

sabato 29 maggio 2010

Presentazione del libro di Aniello Apicella "Se dovessi chiamarmi amore".

















Questa sera alle ore 18 nella Biblioteca comunale presentazione del libro di Aniello Apicella "Se dovessi chiamarmi amore".

L'evento è inserito nella manifestazione "Bellizzi...incontra".

venerdì 28 maggio 2010

PRESENTAZIONE LIBRO SU ANDREA FORTUNATO “UNA STELLA COMETA” BELLIZZI -

BELLIZZI - Le associazioni Bellizzi Arte & Sociale e Sportiva Fioravante Polito onlus, con sede in S. Maria di Castellabate (Sa), con il patrocinio dell’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Giuseppe Salvioli e con l’Assessorato alla cultura e pari opportunità presieduto da Teresina Granese, sabato 19 giugno alle ore 18, presso la Biblioteca Comunale “L. Da Vinci” presentano il libro: Andrea Fortunato.

“Una stella cometa” autore Jvan Sica, pubblicato dalla Casa editrice La Colomba.

La prefazione è curata da Massimiliano Castellani, mentre l’introduzione è affidata all’insigne ematologo prof. Franco Mandelli.

L’associazione sportiva Fioravante Polito ha come scopo una legge salva vita per gli sportivi, l’obbligatorietà degli esami ematici per il rilascio della certificazione medico sportiva per l’attività agonistica. L’associazione presenta la biografia del campione salernitano Andrea Fortunato, che ha giocato con Como, Pisa, Genoa, Juventus e Nazionale Italiana, scomparso prematuramente a causa di una forma di leucemia all’età di 24 anni il 25 Aprile 1995.

Il libro "Andrea Fortunato. Una stella cometa" riporta una serie di testimonianze rilasciate da grandi protagonisti dello sport che hanno accompagnato Andrea Fortunato nella sua vita di atleta e ragazzo. Si parte da Salerno, dai ricordi dei familiari e di chi lo ha visto tirare i primi calci al pallone. In questa fase emerge il carattere determinato e cocciuto di Andrea: ogni cosa decidesse di fare si impegnava al 100% per riuscirci e arrivare al traguardo finale.

Si parla anche di Andrea bambino e ragazzo: il rapporto con il maestro elementare, cosa gli piaceva guardare in tv, quali erano le sue piccole manie, il ritratto di un bambino normale con un grande sogno. Poi Como dove arriva adolescente e si impegna al massimo per raggiungere il suo traguardo: diventare un calciatore professionista e vivere di calcio.

L’inizio è durissimo, lontano dagli affetti e dall’amata Salerno a 14 anni e solo a più di mille chilometri di distanza, ritmi ed esigenze diverse, ma è proprio in questo momento che Andrea decide di impegnarsi ancora di più, per superare tutte le difficoltà. Dal Como al Genoa e poi il prestito al Pisa, in serie B, dove Andrea ascolta i consigli di Romeo Anconetani, un calciatore su cui investire, grazie alla grande stagione calcistica disputata e Spinelli e il Genoa lo riprendono e l’annata in serie A è fantastica: Andrea entra in contatto con il mondo del calcio a livelli altissimi, deve vedersela con campioni del mondo come Collovati, grandi protagonisti del passato come Tacconi e giovani emergenti come Ruotolo.

Genova è il trampolino di lancio verso la grande squadra, la Juventus. Andrea in poco meno di due anni di Juve vive tutto: dalla cena pre-ritiro con Boniperti, all’incontro con Trapattoni, alle serate insieme a Baggio, Vialli e Di Livio, all’amicizia fortissima con Torricelli e Ravanelli. E poi la malattia;

Andrea era un calciatore che stava diventando campione e un ragazzo a cui era facile volere bene. Il libro parla di sport, amicizia, passione, svela anche i momenti di debolezza che tutti i campioni hanno vissuto.

La vita di Andrea può essere letta dagli appassionati di sport, da chi è attento alle storie e vuole saperne di più, dai tifosi delle squadre coinvolte e non solo, persino dalle donne che vogliono leggere di una storia reale e raccontata da chi l’ha vissuta.

L’autore Jvan Sica, scrittore ed esperto di letteratura sportiva e storia dello sport, addetto stampa della Biblioteca del calcio “Andrea Fortunato”, ha pubblicato “L’Europa nel pallone. Stili, riti e tradizioni del calcio europeo” (Zona, 2008).

Il viaggio...nella creatività










Bellizzi – Il sindaco di Bellizzi Pino Salvioli, l’assessore alla Cultura Teresina Granese ed il delegato al Commercio Alessandro Paolillo hanno presenziato alla sfilata di Alta Moda che si è tenuta, giovedì 27 maggio, sulle scale della casa comunale.

Il Pubblico delle grandi occasioni, bellissime modelle, abiti incantevoli, raffinatissime decorazioni hanno reso unica l'insolita location di questa manifestazione.

Grande successo per la sfilata d'Alta Moda dal titolo "Il Viaggio...nella creatività".

Ed il Viaggio è stato il tema principale della sfilata d'Alta Moda curata dallo stilista bellizzese Peppe Volturale e promossa dall'Assessorato al Turismo del comune di Bellizzi in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e Spettacolo che ha inserito questa manifestazione nella serie di iniziative organizzate per festeggiare il ventennale di “Bellizzi Comune Autonomo”.

La collezione di abiti dello stilista Peppe Volturale, l'incantevole voce di Eva Haffert: sono questi gli elementi che hanno contribuito a rendere la manifestazione "Il Viaggio...nella creatività" uno spettacolo emozionante e raffinato.

Da professionista ha presentato la serata Rossella Matonti.

Grande soddisfazione per il Sindaco Salvioli: <<Tra i compiti di un'amministrazione vi è anche quello di valorizzare le professionalità presenti sul proprio territorio.

Quella di giovedì sera è stata una manifestazione di altissimo livello che, oltre a dare il giusto riconoscimento allo stilista locale che ha portato il nome di Bellizzi in giro per l'Italia, ha valorizzato un prodotto artigianale locale.

Saremo sensibili a questo tipo di iniziative, utili per la crescita commerciale e culturale della nostra città.

Questa manifestazione deve divenire un appuntamento fisso. Magari da tenersi durante l’Estate per permettere a più gente di seguire un evento di così alta classe>>.

Soddisfatto anche il delegato al Commercio e Turismo, Alessandro Paolillo: <<Manifestazioni di alta qualità come quella a cui abbiamo assistito ieri sera sono indispensabili per la promozione commerciale della nostra città.

Continueremo questo percorso di valorizzazione delle realtà industriali ed artigianali presenti sul territorio comunale. Anche noi, nel nostro piccolo, contribuiremo a promuovere i prodotti locali e quindi il "Made in Italy">>.


giovedì 27 maggio 2010

mercoledì 26 maggio 2010

Il comune di Bellizzi è stato condannato dal Tar


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 76 del 2009, proposto da:
Pappalardo Vincenzo, rappresentato e difeso dagli Avv. Eugenio Caterina e Marcello Fortunato, con domicilio eletto, in Salerno, alla via G. Vicinanza, 11, presso lo studio dell’Avv. Caterina;

contro

Comune di Bellizzi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. Francesco Lanocita, Maria Annunziata e Gaetano Paolino, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Roma, 61;
Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

“I. A. C. P. Futura” – Società Consortile a. r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Scuderi, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Velia, 96;

per l’accertamento

dell’illegittimità dell’occupazione delle aree di proprietà del ricorrente, eseguita in virtù della delibera di Consiglio Comunale di Bellizzi, n. 28 del 23.07.2002, recante la dichiarazione di p. u., definitivamente scaduta in data 19.08.2007; nonché

per la condanna delle convenute, in solido fra loro, al risarcimento dei danni, ex art. 2043 cod. civ., e, in particolare al risarcimento in forma specifica, ex art. 2058 cod. civ., mediante la restituzione al ricorrente (previo, occorrendo, l’accertamento del perdurante suo diritto dominicale) delle predette aree, da eseguirsi nello stato in cui i suoli si trovavano, al momento dell’immissione in possesso da parte della P. A., o, in subordine, al risarcimento dei danni per equivalente mediante pagamento, in favore del ricorrente, del valore venale delle aree, preso atto della loro irreversibile trasformazione, per effetto della realizzazione della prevista opera pubblica; il tutto maggiorato di interessi moratori e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione e fino all’effettivo soddisfo; nonché per l’accertamento dei diritti di credito del ricorrente, con relativa condanna dei convenuti, in solido fra loro, al pagamento:

a) delle somme maturate a titolo di indennità di occupazione legittima (ex art. 20 l. n. 865/71 e 22 bis d. l.vo (rectius: d. P. R.) 327/01) nel periodo ricompreso tra l’immissione in possesso (6.02.2003) e la scadenza della (dichiarazione di) p. u. (19.08.2007);

b) delle somme maturate e maturande a titolo di risarcimento del danno, per l’occupazione illegittima, a partire dal 20.08.2007 e fino alla restituzione dell’area e/o la sua definitiva acquisizione al patrimonio dell’autorità espropriante;

c) delle somme maturate e maturande a titolo di risarcimento del danno, conseguente al generale deprezzamento delle frazioni di proprietà contigue e/o intercluse da quelle, interessate dall’espropriazione, non più suscettibili di una destinazione, da parte del ricorrente, pari a quella, precedentemente utilizzata;

d) di tutte le ulteriori somme, a vario titolo maturate e maturande, in capo al ricorrente, per effetto dei provvedimenti ablatori interessati dal presente giudizio, maggiorate d’interessi legali e rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione e fino all’effettivo soddisfo;

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bellizzi e della “I. A. C. P. Futura” – Società Consortile a r. l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2010, il dott. Paolo Severini;

Uditi per le parti i difensori (presenti gli Avv. M. Fortunato, M. Annunziata, G. Paolino e Tortora, per delega di Scuderi);

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.

FATTO

Il ricorrente, premesso d’essere proprietario di un’area, di complessivi mq. 22.560, sita nel Comune di Bellizzi.

Dispositivo

(...) accoglie, nel resto, il ricorso e per l’effetto condanna il Comune di Bellizzi e l’I. A. C. P. Futura al risarcimento del danno, in favore del ricorrente, da calcolarsi secondo le indicazioni, fornite in parte motiva, mercé l’adozione del sistema, disciplinato dall’art. 35 cpv. del d. l.vo 80/98.

Condanna il Comune di Bellizzi e l’I. A. C. P. Futura al pagamento in favore del ricorrente, solidalmente tra loro, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, complessivamente liquidati in € 3.000,00 (tremila/00), oltre I. V. A. e C. A. P. come per legge.

Compensa ogni altra spesa di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2010, con l’intervento dei Magistrati:

La presente sentenza viene sottoscritta, oltre che dall’estensore, dal componente più anziano del Collegio, ai sensi dell’art. 132 co. 3° c. p. c., per sopraggiunto decesso del Presidente

Filippo Portoghese, Presidente FF

Francesco Mele, Consigliere

Paolo Severini, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/05/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO


Intera Sentenza


N. 05911/2010 REG.SEN.

N. 00076/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 76 del 2009, proposto da:
Pappalardo Vincenzo, rappresentato e difeso dagli Avv. Eugenio Caterina e Marcello Fortunato, con domicilio eletto, in Salerno, alla via G. Vicinanza, 11, presso lo studio dell’Avv. Caterina;

contro

Comune di Bellizzi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. Francesco Lanocita, Maria Annunziata e Gaetano Paolino, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Roma, 61;
Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

“I. A. C. P. Futura” – Società Consortile a. r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Scuderi, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Velia, 96;

per l’accertamento

dell’illegittimità dell’occupazione delle aree di proprietà del ricorrente, eseguita in virtù della delibera di Consiglio Comunale di Bellizzi, n. 28 del 23.07.2002, recante la dichiarazione di p. u., definitivamente scaduta in data 19.08.2007; nonché

per la condanna delle convenute, in solido fra loro, al risarcimento dei danni, ex art. 2043 cod. civ., e, in particolare al risarcimento in forma specifica, ex art. 2058 cod. civ., mediante la restituzione al ricorrente (previo, occorrendo, l’accertamento del perdurante suo diritto dominicale) delle predette aree, da eseguirsi nello stato in cui i suoli si trovavano, al momento dell’immissione in possesso da parte della P. A., o, in subordine, al risarcimento dei danni per equivalente mediante pagamento, in favore del ricorrente, del valore venale delle aree, preso atto della loro irreversibile trasformazione, per effetto della realizzazione della prevista opera pubblica; il tutto maggiorato di interessi moratori e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione e fino all’effettivo soddisfo; nonché per l’accertamento dei diritti di credito del ricorrente, con relativa condanna dei convenuti, in solido fra loro, al pagamento:

a) delle somme maturate a titolo di indennità di occupazione legittima (ex art. 20 l. n. 865/71 e 22 bis d. l.vo (rectius: d. P. R.) 327/01) nel periodo ricompreso tra l’immissione in possesso (6.02.2003) e la scadenza della (dichiarazione di) p. u. (19.08.2007);

b) delle somme maturate e maturande a titolo di risarcimento del danno, per l’occupazione illegittima, a partire dal 20.08.2007 e fino alla restituzione dell’area e/o la sua definitiva acquisizione al patrimonio dell’autorità espropriante;

c) delle somme maturate e maturande a titolo di risarcimento del danno, conseguente al generale deprezzamento delle frazioni di proprietà contigue e/o intercluse da quelle, interessate dall’espropriazione, non più suscettibili di una destinazione, da parte del ricorrente, pari a quella, precedentemente utilizzata;

d) di tutte le ulteriori somme, a vario titolo maturate e maturande, in capo al ricorrente, per effetto dei provvedimenti ablatori interessati dal presente giudizio, maggiorate d’interessi legali e rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione e fino all’effettivo soddisfo;

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bellizzi e della “I. A. C. P. Futura” – Società Consortile a r. l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2010, il dott. Paolo Severini;

Uditi per le parti i difensori (presenti gli Avv. M. Fortunato, M. Annunziata, G. Paolino e Tortora, per delega di Scuderi);

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.

FATTO

Il ricorrente, premesso d’essere proprietario di un’area, di complessivi mq. 22.560, sita nel Comune di Bellizzi, distinta in catasto al foglio 2, p.lle n. 939, 940, 942 e 1060, compresa in zona omogenea “C1 – Residenziale di espansione” del previgente Piano di Fabbricazione ovvero, nell’attualità, in zona omogenea “C – Residenziale” del P. R. G., di recente approvato, rappresentava che con delibera di C. C., n. 28 del 23.07.2002, divenuta efficace in data 19.08.2002, il detto Comune aveva incluso la prefata area nel progetto d’ampliamento di un limitrofo insediamento di E. R. P., ex art. 51 l. n. 865/71, dichiarando, nel contempo, la pubblica utilità, indifferibilità e urgenza del programmato intervento edilizio; che, sempre con la predetta delibera, l’Autorità Espropriante aveva, altresì, fissato i contenuti generali del rapporto convenzionale con il soggetto beneficiario – Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Salerno – al quale aveva concesso:

a) il diritto di superficie “ad aedificandum” sull’area espropriata;

b) la delega per l’effettuazione degli espropri, stabilendo nel contempo – quale corrispettivo del diritto di superficie – il costo di esproprio delle aree residenziali e non residenziali, per un importo pari al costo definitivo di acquisizione delle aree stesse; segnalava, inoltre, che, in capo all’I. A. C. P. di Salerno, erano transitati pure i seguenti oneri: a) farsi carico di eventuali costi futuri, inerenti e/o conseguenti alla localizzazione dell’intervento, sollevando il Comune da ogni e qualunque obbligo finanziario; b) procedere al pagamento del predetto corrispettivo, direttamente ai soggetti, incisi dal provvedimento ablatorio;

c) curare la realizzazione di tutte le opere, necessarie a garantire l’irrigazione della residua proprietà del ricorrente;

d) delimitare l’area d’intervento, mediante apposte recinzioni, assicurando – nello stesso tempo – un agevole accesso ai fondi, ancora di proprietà del medesimo ricorrente; osservava, ancora che, in attuazione della delibera di cui sopra, le suddette prescrizioni erano confluite nella convenzione, stipulata tra Comune e I. A. C. P., sottoscritta in data 5.09.02, della quale la società consortile a r. l. “I. A. C. P. Futura” s’era poi resa cessionaria, con successivo atto notarile, sottoscritto in data 11.09.02;

il ricorrente proseguiva la narrazione dei fatti, rilevando come, in data 28.01.03, con decreto n. 11, il Comune di Bellizzi avesse disposto l’occupazione d’urgenza delle aree, senza procedere alla determinazione dell’indennità d’esproprio;

che, in data 6.02.03, il suddetto decreto era stato posto in esecuzione, mediante l’immissione in possesso e la redazione d’apposito processo verbale, in cui erano stati specificati gli interventi da porre in essere, durante l’esecuzione dei lavori, al fine di garantire, al privato espropriando, l’accesso e l’irrigazione dei fondi residui; rappresentava che, dopo l’immissione in possesso, l’I. A. C. P. Futura aveva completato l’intervento edilizio programmato, trasformando definitivamente la consistenza immobiliare, di proprietà del ricorrente, entro il termine di validità della dichiarazione di p. u. i. u. delle opere;

che, nonostante ciò, sia l’Autorità espropriante, sia il soggetto delegato avevano omesso, da un lato, di procedere alla quantificazione ed al pagamento dell’indennità d’occupazione, ex art. 20 l. 865/71, e dall’altro avevano fatto inutilmente spirare il termine quinquennale, stabilito dalla deliberazione di C. C., n. 28/02, senza emettere il decreto definitivo d’esproprio, ovvero alcun provvedimento di proroga della dichiarazione di p. u. i. u. delle opere, con la conseguenza che, a partire dal 20.08.07, l’occupazione delle aree, di proprietà del ricorrente, era divenuta “sine titulo”, non essendo sufficiente la mera apprensione delle aree, da parte della P. A., per trasferire il relativo diritto di proprietà;

segnalava che, peraltro, l’avvenuta esecuzione dei lavori, connotava l’illegittima occupazione delle aree de quibus, come illecito permanente, non essendo possibile, per la permanenza delle opere realizzate, la riespansione del diritto dominicale del ricorrente, con la conseguenza che, allo stesso, era consentito di esercitare il rimedio risarcitorio in forma specifica, previsto dall’art. 2058 cod. civ., volto alla restituzione delle aree di proprietà, nello stato in cui si trovavano, al momento dell’immissione in possesso, da parte dell’autorità espropriante e dei soggetti delegati; ovvero che, in alternativa, allo stesso ricorrente spettava il risarcimento per equivalente, secondo il parametro introdotto dall’art. 43 del d. l.vo (rectius: d. P. R.) 327/01, una volta accertata l’impossibilità, ovvero l’eccessiva onerosità del ripristino dello “status quo ante”; fermo restando, inoltre, il diritto del ricorrente ad ottenere le ulteriori somme di danaro spettantigli, in conseguenza sia del decorso del periodo d’occupazione legittima, sia dell’attuale periodo d’occupazione illegittima, sia infine del generale deprezzamento delle aree, limitrofe a quelle occupate; tanto premesso, in punto di fatto, il ricorrente articolava le seguenti censure in diritto:

A) Sulla giurisdizione esclusiva del G. A. e sulla non operatività della cd. pregiudiziale amministrativa (art. 35 del d. l.vo n. 80/98): il ricorrente sosteneva la spettanza della presente controversia alla giurisdizione del G. A. e la non necessità della previa impugnazione degli atti ablatori, al fine d’accedere alla tutela risarcitoria (cd. “pregiudiziale amministrativa”)

B) Sul diritto del ricorrente al risarcimento in forma specifica o per equivalente (artt. 13 l. 2359/1865; 20 l. 865/71; 22 bis e 43 d. l.vo (rectius: d. P. R.) 327/01; 2058 cod. civ.): era ricostruito il quadro normativo – fondato sulle disposizioni sopra specificate – da cui doveva ritenersi sorgere il diritto del ricorrente al risarcimento del bene in forma specifica, ovvero in subordine per equivalente, commisurato, in tal caso, al valore venale del bene;

C) Sul diritto del ricorrente alla riscossione dell’indennità di occupazione legittima e all’ulteriore risarcimento del danno per il periodo d’occupazione illegittima (artt. 13 l. n. 2359/1865; 20 l. 865/71; 22 bis e 43 d. l.vo (rectius: d.P.R.) 327/01; 2041, 2043 e 2058 cod. civ.): era ricostruito il quadro normativo – fondato sulle disposizioni di cui sopra – che fondava il diritto del ricorrente alle indennità ed al risarcimento del danno da occupazione, legittima (fino al 19.08.07) ed illegittima (per il periodo, successivo a tale data), da commisurarsi, entrambe, secondo il criterio, fissato nell’art. 20 l. 865/21, costituenti debito di valore, come tale da incrementare d’interessi e rivalutazione monetaria;

D) Sulle ulteriori voci di danno o indennitarie (artt. 2041, 2043 e 2058 cod. civ.): erano esplicitate le ragioni, per cui il danno da deprezzamento dei fondi limitrofi residui, anch’esso da incrementarsi degli accessori, dovesse assumere un rilievo autonomo, rispetto alle voci indennitarie o di danno, precisate sub C).

All’esito, il ricorrente formulava apposita istanza istruttoria, volta alla nomina di C. T. U., finalizzata al calcolo delle somme di danaro, dovute al ricorrente, in conseguenza del riconoscimento del diritto alle indennità e alle voci di risarcimento del danno, in precedenza dettagliate.

Si costituiva in giudizio l’”I. A. C. P. Futura” – Società Consortile a r. l., con memoria di stile; nella stessa forma, si costituiva anche il Comune di Bellizzi.

Seguiva, nell’interesse del Comune di Bellizzi, il deposito di documenti e di una memoria difensiva, nella quale la difesa dell’ente faceva presente che lo stesso non poteva esser ritenuto responsabile dei danni, di cui il ricorrente aveva chiesto d’essere ristorato, avendo approvato gli atti, concernenti la dichiarazione di p. u. i. u. dell’opera, emesso il decreto d’occupazione e delegato l’I. A. C. P. Futura a tutti gli adempimenti successivi, ivi compresi, l’emanazione del decreto d’esproprio e la quantificazione e l’erogazione delle somme dovute; rilevava che, in ogni caso, l’occupazione delle aree, di proprietà del ricorrente, era divenuta illegittima, a partire dal 23.07.07, ed era pertanto solo rispetto a tale periodo che andava valutata l’eventuale sussistenza del diritto al risarcimento del danno in suo favore.

Seguiva il deposito, nell’interesse della I. A. C. P. Futura, di documenti e di una memoria difensiva, contenente anche domanda, ex art. 43 d. P. R. 327/01, regolarmente notificata.

Nella memoria di cui sopra, l’I. A. C. P. Futura eccepiva, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del G. A., relativamente alla domanda, volta all’accertamento del diritto di credito, in favore del ricorrente, per le somme, maturate a titolo d’indennità d’occupazione legittima – per il periodo dal 6.02.2003 al 19.08.07 – trattandosi di domanda, riservata al G. O.;

affermava, quindi, che il ricorrente non aveva alcun diritto al risarcimento del danno, per l’illegittimità della procedura espropriativa in esame, posto che lo stesso aveva stipulato un accordo, con il Comune di Bellizzi, in data 28.06.02, accordo consacrato in un apposito verbale, di risoluzione in via transattiva del contenzioso, precedentemente instauratosi in relazione alla procedura “de qua”, accordo poi espressamente richiamato nella delibera di C. C., n. 28 del 23.07.02 e configurante “una vera e propria cessione bonaria, con espressa intesa anche per la relativa indennità, peraltro già accettata nel novembre 2000”, condizionata all’impegno da parte dell’ente – poi consacrato nella citata deliberazione consiliare – di risolvere tecnicamente il problema dell’irrigabilità della parte residua del fondo e di recingere l’area espropriata, creando un comodo accesso alle suddette parti residue; ne derivava che il ricorrente, lungi dal poter avanzare pretese risarcitorie, poteva – secondo l’I. A. C. P. Futura – soltanto pretendere il rispetto, da parte del Comune, degli impegni, a suo tempo assunti, oltre al pagamento dell’indennità già offerta ed accettata nel novembre del 2000, e relativamente alla quale la società consortile aveva già sollecitato l’emissione dell’ordinanza di deposito delle somme, presso la Cassa DD. PP. di Salerno, presupposto indispensabile per emettere il decreto d’esproprio (ma alla stessa società non risultava che il Comune avesse ancora provveduto al riguardo);

la difesa della società consortile segnalava, inoltre, che gli alloggi di cui all’intervento edilizio in questione erano stati ultimati e consegnati, e che alcune aree – tra cui mq. 9970 di cui al foglio 2, p.lla 1060, di proprietà del ricorrente – non erano state neppure utilizzate, erano rimaste sempre nella disponibilità del medesimo e potevano, pertanto, essergli restituite; in ogni caso, qualora il ricorso fosse stato ritenuto, dal Tribunale, ammissibile ovvero fondato, la “I. A. C. P. Futura” proponeva – ai sensi e per gli effetti dell’art. 43, comma 2, del d. P. R. 327/01 – domanda di condanna al risarcimento del danno, con esclusione del diritto alla restituzione dei beni, senza limiti di tempo; attesa, infatti, l’ultimazione degli alloggi e la loro consegna ai cittadini, l’eventuale restituzione delle aree si sarebbe posta in evidente contrasto con gli scopi d’interesse pubblico, legittimanti l’intervento di edilizia residenziale “de quo”.

In data 28.01.2010 era prodotta, nell’interesse del Comune di Bellizzi, documentazione, concernente l’autorizzazione allo svincolo delle somme, dalla stessa depositate presso la Cassa DD. PP., in favore della ditta Pappalardo Vincenzo.

In data 30.01.2010, il Comune di Bellizzi depositava memoria difensiva, in cui formulava eccezioni di difetto di giurisdizione e d’inammissibilità del ricorso, coincidenti con quelle, già esposte dalla difesa della “I. A. C. P. Futura”; in ogni caso, concludeva per l’esclusione d’ogni responsabilità dell’ente, nell’eziologia dei danni, lamentati dal ricorrente, e, in ogni caso, per l’esclusione d’ogni danno, derivante dal deprezzamento del fondo residuo, posto che la localizzazione definitiva dell’intervento, che comunque non aveva creato aree intercluse, era stata concordata, dal Comune, con lo stesso Pappalardo Vincenzo.

Nell’interesse di quest’ultimo era prodotto, in data 29.01.2010, uno scritto difensivo, in cui la sua difesa escludeva categoricamente che al verbale di accordo del 28.06.02 potesse esser assegnato il valore di un atto di trasferimento immobiliare (nella forma della cessione bonaria), trattandosi, viceversa, di un mero memorandum d’intesa, improduttivo di qualsiasi effetto traslativo, al più recante una generica disponibilità da parte del ricorrente a concludere una cessione bonaria, una volta realizzati i presupposti, ivi previsti, ma che era poi rimasto soltanto sulla carta, per l’inerzia del Comune e del delegato alla procedura espropriativa;

in altra, successiva, memoria il ricorrente precisava che – contrariamente a quanto assunto dalla “I. A. C. P. Futura” – non era vero che il possesso dell’area di mq. 9.970 di cui al foglio 2, p.lla 1060, fosse sempre rimasto in capo a Pappalardo Vincenzo.

All’udienza pubblica dell’11 febbraio 2010, il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Va preliminarmente affermata la giurisdizione del G. A. a conoscere, in linea generale, della presente controversia, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale, espresso, “ex multis”, nella massima che segue: “Sussiste la giurisdizione del g. a. nel caso di azione risarcitoria proposta dai proprietari di un’area occupata ed irreversibilmente trasformata allorquando l’occupazione e la susseguente realizzazione dell’opera siano state inizialmente supportate dalla dichiarazione di pubblica utilità, dalla fissazione dei termini per l’espropriazione e dall’emissione del decreto di occupazione di urgenza, e la procedura ablatoria è solo susseguentemente divenuta illegittima in dipendenza della mancata emissione del decreto di esproprio” (T. A. R. Veneto, sez. I, 12 febbraio 2009, n. 347).

Stabilito, pertanto, che il Tribunale Amministrativo è competente a conoscere dell’azione, per così dire principale, di risarcimento in forma specifica, ovvero per equivalente, esercitata nel presente giudizio, osserva il Collegio che peraltro, relativamente alle domande:

a) d’accertamento del diritto del ricorrente a vedersi riconosciute le indennità, maturate nel periodo di occupazione legittima (fino alla scadenza della dichiarazione di p. u. i. u. delle opere);

b) nonché b) d’accertamento del diritto del ricorrente a vedersi riconosciute le somme, maturate a titolo di risarcimento del danno per l’occupazione, divenuta illegittima per la scadenza del termine di validità della predetta dichiarazione di p. u. i. u., occorre invece distinguere, conformemente all’indirizzo prevalente, nella giurisprudenza sia civile, sia amministrativa.

c)

Mentre la competenza a conoscere della prima di tali domande (sopra indicata con a) spetta, infatti, al giudice ordinario, quella sopra indicata sub b) appartiene, invece, al giudice amministrativo (cfr. Cassazione Civile, Sez. Un., 5 agosto 2009, n. 17944: “Va dichiarata la competenza giurisdizionale in capo al g. o. per una domanda di pagamento della indennità di occupazione legittima (ex art. 34, comma 3, lett. b), d. lg. n. 80/1998, nel testo di cui all’art. 7, comma 1, lett. b), l. n. 205/2000); T. A. R. Campania Napoli, sez. V, 5 giugno 2009, n. 3124: “Esula dalla giurisdizione amministrativa per spettare a quella del giudice ordinario la domanda relativa al riconoscimento degli indennizzi per il periodo di occupazione legittima (e, comunque, per ogni altra indennità espropriativa di legge); domanda per la quale continua a valere a tutti gli effetti, senza che possano ipotizzarsi effetti di assorbimento per la concentrazione del giudizio, la riserva del giudice ordinario disposta dall’art. 53 comma 3, d. P. R. n. 327 del 2001”; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 1 aprile 2008, n. 1718: “Il ricorso avente ad oggetto la domanda di accertamento e condanna al risarcimento dei danni subiti in relazione all’occupazione appropriativa della proprietà rientra nella sfera di giurisdizione del giudice amministrativo (con la sola esclusione del capo della domanda relativa all’indennità per il periodo di occupazione legittima, per il quale invece c’è il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo).

La controversia ha, infatti, ad oggetto non già il danno da lesione di un interesse legittimo dipendente dall’illegittimità di un provvedimento dell’autorità (ipotesi in cui, effettivamente, la pregiudiziale dell’annullamento osta alla sola domanda risarcitoria), bensì il danno al diritto di proprietà inferto da un comportamento (non già «mero», bensì «amministrativo») dell’autorità che, pur avendo avviato un complesso procedimento ablatorio volto alla realizzazione di un’opera pubblica, e pur avendo tale opera realizzata, ha poi omesso di completare la serie procedimentale lasciando decorrere il termine quinquennale di legittimità della disposta occupazione d’urgenza”).

Ne deriva pertanto, che va dichiarato, conformemente all’eccezione in tal senso sollevata dalle parti resistenti, il difetto di giurisdizione di questo Giudice, relativamente tuttavia al solo capo di domanda, volto al riconoscimento, in favore del ricorrente, delle somme maturate a titolo d’indennità d’occupazione legittima (nel periodo di validità della dichiarazione di p. u. i. u. delle opere), e dei relativi accessori.

Ciò posto, occorre passare, sempre in via preliminare, all’esame dell’eccezione d’inammissibilità/improponibilità del ricorso, volto al risarcimento del danno subito, in forma specifica ovvero per equivalente, da Pappalardo Vincenzo, eccezione sollevata dalla difesa delle controparti, sul presupposto della circostanza dell’avvenuta conclusione, tra il medesimo e l’Amministrazione Comunale, di un accordo in forma transattiva, in data 28.06.02, consacrato in apposito verbale e trasfuso nella deliberazione di Consiglio Comunale di Bellizzi, n. 28 del 23.07.2002 (contenente anche la dichiarazione di p. u. i. u. del programma di e. r. p.), dal quale asseritamente sarebbe derivata la cessione bonaria dei terreni, incisi dalla procedura espropriativa “de qua”, ovvero, in ogni caso, una sorta di acquiescenza, da parte del medesimo ricorrente, al prosieguo della procedura ablativa, tale da impedirgli, di fatto, la proposizione del presente gravame.

L’eccezione è infondata.

Nel testo della deliberazione di C. C. n. 28/2002, in particolare, riguardo all’accordo in questione è dato leggere quanto segue: “A seguito di convocazione del Sindaco s’è tenuta riunione presso il Comune di Bellizzi in data 28.06.2002, con la presenza del Sindaco (…), del dott. Vincezo Pappalardo (…), è stato sottoscritto verbale per la risoluzione, in via transattiva, di ogni questione, anche di natura risarcitoria, riguardante il contenzioso con il dott. Pappalardo, definito con la revoca della deliberazione di C. C. n. 49/1999, effettuata in via di autotutela dall’Amministrazione Comunale.

In tale verbale: il dott. Pappalardo si dichiara disposto a rinunciare a qualsiasi azione – anche di natura risarcitoria – connessa alla suindicata questione, a condizione che, quale corrispettivo, il Comune assuma impegno a risolvere tecnicamente il problema dell’irrigabilità della residua parte del fondo e a recintare l’area espropriata, creando comodo accesso alle residue parti del fondo;

il Sindaco manifesta la disponibilità a valutare positivamente la proposta del Pappalardo, compatibilmente con il piano di sviluppo che l’Amministrazione intende perseguire nell’ambito del riordino generale dell’assetto urbanistico del territorio, e mostra una planimetria, predisposta dall’U. T. C., che individua – in linea di massima – le aree di proprietà Pappalardo necessarie all’Amministrazione comunale per la migliore urbanizzazione primaria e secondaria della zona (…);

il dott. Pappalardo, nel prendere atto di quanto innanzi esposto, manifesta la propria disponibilità a recepire la proposta dell’Amministrazione, così come graficamente rappresentata, ferma la condizione che l’eventuale ristoro patrimoniale sia giusto e congruo e comunque non inferiore all’indennità unitaria già offerta ed accettata in data novembre 2000.

Relativamente all’ipotesi espropriativa che precede, subordina, in ogni caso, un’eventuale valutazione positiva dell’esecuzione delle opere di sistemazione del terreno residuo di sua proprietà, innanzi meglio descritte”.

Tal essendo il contenuto del predetto accordo, il Collegio ritiene che, dallo stesso, alcun effetto di rinunzia, in via preventiva, all’azione risarcitoria, esercitata nel presente giudizio, e/o di acquiescenza, da parte del ricorrente, al prosieguo della procedura espropriativa in esame, possa fondatamente configurarsi.

Il principio, cui deve ispirarsi la valutazione del prefato accordo, onde valutarne eventuali effetti preclusivi dell’azione, si rinviene, a parere del Collegio, nella seguente massima: “L’acquiescenza, intesa come accettazione espressa o tacita del provvedimento amministrativo lesivo, si configura solo in presenza di una condotta da parte dell’avente titolo all’impugnazione che sia libera e inequivocabilmente diretta a non più contestare l’assetto di interessi definito dall’Amministrazione mediante gli atti oggetto di impugnazione, ed il relativo accertamento, in quanto incidente sul fondamentale diritto di agire in giudizio, deve essere accurato ed esauriente e svolgersi su tutti i dati fattuali che hanno caratterizzato la dichiarazione negoziale, da cui deve risultare senza alcuna incertezza la presenza di una chiara intenzione definitiva di non rimettere in discussione l’atto lesivo; segue da ciò che si verifica l’acquiescenza ad un provvedimento amministrativo solo in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino anzitutto che vi sia stata la possibilità di una agevole comprensione del contenuto e degli effetti lesivi del provvedimento e poi, sulla base di tale esatta rappresentazione, che sia seguita la chiara ed incondizionata (cioè non rimessa ad eventi futuri ed incerti) volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l’operatività” (Consiglio Stato, sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4854).

Nella specie, la dichiarazione, da parte del ricorrente, di “rinunciare a qualsiasi azione – anche di natura risarcitoria – connessa alla suindicata questione”, è stata condizionata – con un nesso quasi sinallagmatico (“a condizione che, quale corrispettivo, il Comune assuma l’impegno (…) ”) – all’impegno, da parte del Comune di Bellizzi, “a risolvere tecnicamente il problema dell’irrigabilità della residua parte del fondo e a recintare l’area espropriata, creando comodo accesso alle residue parti del fondo”;

ben si comprende, allora, come la volontà di Pappalardo Vincenzo non sia stata affatto “chiara ed incondizionata” (come recita la prefata decisione del C. di S.), nel senso di accettare, sempre e in ogni caso, gli effetti della successiva attività, di natura ablatoria, posti in essere dal Comune; in nessuna parte del verbale “de quo”, in particolare, è dato riscontrare “una chiara intenzione definitiva di non rimettere in discussione l’atto lesivo”, che, anzi, l’interpretazione dell’atto porta, piuttosto, a considerarlo alla stregua di un accordo di massima, condizionato chiaramente al verificarsi di eventi futuri e incerti, sicché sarebbe ultroneo farne derivare effetti impeditivi della proponibilità della presente azione; né, del resto, tale atto si presta ad essere considerato come un equivalente della cessione bonaria degli immobili espropriandi da parte del ricorrente, difettando ogni esplicita espressione di volontà in tal senso.

Si noti, per di più, che, nel testo del prefato accordo, il ricorrente si riserva espressamente “un’eventuale valutazione positiva” circa “l’esecuzione delle opere di sistemazione del terreno residuo di sua proprietà”;

orbene, mancando in atti qualsivoglia indicazione certa, relativamente all’effettuazione di tali opere di sistemazione (al riguardo, negli scritti difensivi delle resistenti, si rinvengono affermazioni non coincidenti), e, soprattutto, circa la “eventuale valutazione positiva” delle medesime, ove realizzate, da parte di Pappalardo Vincenzo, ne risulta confermata la conclusione, sopra raggiunta, circa l’inidoneità dell’accordo in oggetto a fondare la base per una pronuncia, in rito, da parte del Tribunale.

Ciò posto, può passarsi all’esame della domanda di risarcimento del danno, in forma specifica ovvero per equivalente, presentata da parte ricorrente.

Nella specie, è incontestato che, nel termine di validità della dichiarazione di p. u. i. u. delle opere in questione, non è stato emanato il decreto definitivo di esproprio degli immobili, di proprietà del ricorrente;

del resto è altrettanto incontestato che le opere a farsi, “id est” il programmato intervento di edilizia residenziale pubblica, è stato portato a termine e che gli immobili realizzati sono stati anche consegnati.

Circa la sussistenza, nella specie, delle condizioni per ritenere sussistente una responsabilità aquiliana della P. A., va ribadito che si è in presenza di una occupazione di suolo “sine titulo”, assistita inizialmente da dichiarazione di pubblica utilità, seguita da decreto di occupazione e non culminata, però, nell’indefettibile decreto di espropriazione.

Dopo l’apprensione, il fondo ha poi subito un’irreversibile trasformazione, per effetto della realizzazione dell’opera pubblica.

Sulla base della evidenziata qualificazione della vicenda appropriativa verificatasi e della relativa connotazione temporale, può, quindi, procedersi all’esame della domanda risarcitoria proposta.

Al riguardo va verificato se sussistano gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana in capo alla pubblica amministrazione:

danno ingiusto, comportamento colposo o doloso del soggetto pubblico e nesso di causalità tra la condotta e l’evento (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, n. 1716 del 3.4.2003; T.A.R. Campania – Salerno, n. 323/2006).

Tali elementi possono dirsi certamente sussistenti nel caso in esame.

Invero, il danno ingiusto consiste nella privazione del bene di proprietà in difetto dei procedimenti ablatori tipici a ciò preordinati dal legislatore.

L’avvenuta apprensione del bene “sine titulo”, in difetto di provvedimento espropriativo, evidenzia, poi, lo svolgimento di un’azione amministrativa connotata da rilevanti margini di negligenza, rinvenibili nell'assoluta obliterazione dello strumento provvedimentale espropriativo.

Evidente è, infine, il nesso eziologico tra l’azione appropriativa posta in essere dal Comune di Bellizzi e dalla società Consortile delegata “I. A. C. P. Futura”, e il danno patito dal privato per effetto della sottrazione del bene.

Accertato, pertanto, che nella specie sussistono le condizioni, legislativamente previste, per pronunciare la condanna della P. A. al risarcimento del danno ingiusto, causato al ricorrente, va segnalato che, mentre quest’ultimo ha chiesto, in via principale, la restituzione del bene espropriato, e in subordine il risarcimento del danno per equivalente, il Consorzio “I. A. C. P. Futura” ha invece domandato al Tribunale di pronunziare, in caso d’accertata responsabilità aquiliana, la condanna al risarcimento del danno per equivalente, con esclusione della restituzione del bene oggetto della procedura ablatoria, ai sensi dell’art. 43, comma 3°, del d. P. R. 327/01.

La norma in oggetto, ai commi 3°, 4° 5°, in particolare recita: “Qualora sia impugnato uno dei provvedimenti indicati nei commi 1 e 2 ovvero sia esercitata una azione volta alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, l’amministrazione che ne ha interesse o chi utilizza il bene può chiedere che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.

Qualora il giudice amministrativo abbia escluso la restituzione del bene senza limiti di tempo ed abbia disposto la condanna al risarcimento del danno, l’autorità che ha disposto l’occupazione dell’area emana l’atto di acquisizione, dando atto dell’avvenuto risarcimento del danno. Il decreto è trascritto nei registri immobiliari, a cura e spese della medesima autorità.

Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano, in quanto compatibili, anche quando un terreno sia stato utilizzato per finalità di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata nonché quando sia imposta una servitù di diritto privato o di diritto pubblico ed il bene continui ad essere utilizzato dal proprietario o dal titolare di un altro diritto reale”.

Circa la natura dell’istituto in oggetto s’è osservato, in giurisprudenza, quanto segue: “La norma contenuta nel terzo comma dell’articolo 43 d. P. R. 8 giugno 2001 n. 327 consente all’Amministrazione che ne abbia interesse di chiedere al giudice amministrativo la condanna al risarcimento in sostituzione della restituzione del bene “senza limiti di tempo”.

La domanda in questione può essere proposta in ogni fase del giudizio amministrativo (anche in secondo grado) e non assume la natura di domanda o eccezione riconvenzionale perché, quanto al primo istituto, se ne differenzia perché non comporta un ampliamento dell’oggetto del giudizio posto che la domanda risarcitoria è di certo un “minus” rispetto a quella reintegratoria ed è in essa compresa e, quanto al secondo istituto, perché non integra una eccezione in senso tecnico e, quindi, una difesa volta a paralizzare l’azione dell’attore attraverso la contrapposizione di un diritto idoneo ad ottenere questo effetto.

Per queste ragioni non è necessario che venga notificata ritualmente, ma è sufficiente che sia proposta nella prima memoria difensiva di ogni grado del procedimento e non costituisce una domanda nuova la cui introduzione sia vietata nel giudizio di appello” (Consiglio Stato, sez. IV, 19 febbraio 2010, n. 997).

Che si versi proprio nell’ipotesi, contemplata dalla suddetta norma, è fatto del resto palese dalla decisione di questa Sezione, n. 5079 del 28 settembre 2009, secondo la cui massima: “L’art. 43, d. P. R. n. 327 del 2001 presuppone la perdurante sussistenza del diritto di proprietà e un illecito permanente dell’amministrazione che utilizza il fondo altrui, in assenza del decreto di esproprio, anche se è stata realizzata l’opera pubblica, sicché la norma preclude che l’amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge, divenendo così irrilevante il momento in cui si è realizzata l’irreversibile trasformazione”; nonché dalla coeva sentenza del T. A. R. Toscana, sez. I, 1 ottobre 2009, n. 1497: “La mancata conclusione del procedimento espropriativo nel termine di validità del decreto di occupazione d’urgenza determina un possesso “sine titulo” dal parte dell’amministrazione sia della “res” che degli stessi interventi modificativi, alla stessa apportati: tale fattispecie è regolata dall’art. 43 del T. U. n. 327 del 2001, che presuppone la perdurante sussistenza del diritto di proprietà e un illecito permanente dell’amministrazione che utilizza il fondo altrui, in assenza del decreto di esproprio, anche se è stata realizzata l’opera pubblica e la p. a. ha l’obbligo di restituire il suolo e di risarcire il danno cagionato, salvo il potere di far venire meno l’obbligo di restituzione “ab extra”, con l’atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio”.

Circa i rapporti tra l’istituto in oggetto e quello, di creazione pretoria, dell’occupazione appropriativa, è opportuno, inoltre, riportare la seguente decisione: “L’art. 43, T. U. n. 327 del 2001, nel prevedere la c.d. acquisizione sanante, non costituisce la tipizzazione dell’istituto di origine giurisprudenziale della cd. occupazione appropriativa, ma una nuova fattispecie che – in casi eccezionali, congruamente motivati e specificamente comprovati in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti – consente alla P. A., “extra ordinem” rispetto al procedimento espropriativo ordinario, di acquisire al proprio patrimonio indisponibile beni immobili altrui.

Detta norma, quindi, sottende il principio per cui il diritto di proprietà può estinguersi, in mancanza di decreto di esproprio o di cessione spontanea, solo per effetto del decreto di acquisizione sanante, eliminando in tal modo la figura, sorta nella prassi giurisprudenziale, dell’accessione invertita, vale a dire del trasferimento di proprietà per effetto dell’irreversibile trasformazione del suolo pur in assenza di uno specifico provvedimento amministrativo” (T. A. R. Lazio Roma, sez. I, 18 gennaio 2010, n. 302).

Tal essendo il “proprium” dell’istituto in oggetto, il Tribunale ritiene – conformemente all’indirizzo espresso in recenti decisioni – che in presenza della domanda dell’Amministrazione ovvero di chi utilizza il bene, diretta ad escludere la restituzione dello stesso, “senza limiti di tempo”, è superflua l’indagine circa gli scopi di pubblico interesse realizzati con l’intervento edilizio realizzato (scopi di interesse pubblico che, comunque, trattandosi, nella specie, di edilizia residenziale pubblica, sarebbero presenti, per così dire, “in re ipsa”); è preferibile, infatti, ritenere che in presenza di una domanda siffatta non resti al giudice che scegliere, tra le due forme di risarcimento del danno, quella per equivalente (cfr., ancora, la già citata massima del T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 1 ottobre 2009, n. 1497:

“La mancata conclusione del procedimento espropriativo nel termine di validità del decreto di occupazione d’urgenza determina un possesso “sine titulo” da parte dell’amministrazione tenuta alla restituzione del bene.

Tuttavia determina un impedimento all’accoglimento della richiesta di restituzione del suolo formulata dai proprietari la disposizione di cui all’art. 43 comma 3 t. u. n. 327 del 2001, che ha introdotto una sorta di meccanismo “anticipatorio” per poter addivenire all’acquisizione per pubblico interesse laddove sia in corso una vicenda processuale il cui esito potrebbe comportare la restituzione del bene al privato: infatti l’amministrazione (o chi utilizza il bene) può chiedere, attraverso una domanda riconvenzionale rispetto alla domanda con cui il privato chiede l’annullamento del provvedimento o la restituzione del bene, che – in caso di fondatezza del ricorso avverso gli atti del procedimento espropriativo o della domanda di restituzione del bene – il g. a. disponga la condanna al risarcimento dei danni con esclusione della “restituzione del bene senza limiti di tempo” e la richiesta dell’amministrazione rappresenta, in tal caso, un presupposto indispensabile per escludere la restituzione del bene, e in tale ipotesi è il giudice a disporre la condanna al risarcimento del danno (su richiesta dell’amministrazione ed in luogo della restituzione del bene), sebbene il passaggio della proprietà avvenga comunque solo con un successivo atto di acquisizione (art. 43 comma 4 t. u. n. 327)”.

Stabilito pertanto che spetta al ricorrente il risarcimento del danno, per la perdita del suo bene, e che detto danno va risarcito per equivalente, giusta la richiesta formulata in tal senso dalla “I. A. C. P. Futura”, quanto alla richiesta, del Comune di Bellizzi, di tenerlo esente da ogni responsabilità di natura risarcitoria, in virtù della delega, dallo stesso conferita alla “I. A. C. P. Futura” per il compimento di tutte le attività espropriative, la stessa non può essere accolta, in conformità all’orientamento, espresso nella seguente ulteriore massima: “Ai fini della individuazione del soggetto obbligato al risarcimento del danno derivante da occupazione appropriativa, la delega al compimento delle operazioni espropriative delle aree per la costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare – svolgendosi la procedura non solo in nome e per conto, ma anche d’intesa con il delegante – non priva quest’ultimo, pur sempre tenuto a promuovere correttamente la procedura ablatoria, dei propri poteri di controllo e di stimolo dell’attività del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio vale a rendere il delegante corresponsabile dell’illecito, sicché spetta a quest’ultimo l’onere di allegare e dimostrare di aver esercitato detti poteri, laddove il fatto stesso della tempestiva mancata emissione del decreto di esproprio nel termine di durata dell’occupazione legittima è sufficiente a far presumere, in assenza di contrarie risultanze processuali, il mancato esercizio di tali poteri” (T. A. R. Sicilia Palermo, sez. III, 16 ottobre 2009, n. 1628).

Si tenga comunque presente, che, sempre secondo la decisione che precede: “In caso di delega al compimento delle operazioni espropriative delle aree per la costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare, sussiste il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda di manleva, con la quale il Comune delegante chiede, in virtù della convenzione stipulata con il soggetto delegato, il riconoscimento del diritto ad essere tenuto indenne, con relativo onere di quest’ultimo, da ogni somma che dovesse essere condannato a pagare a titolo risarcitorio” (T. A. R. Sicilia Palermo, sez. III, 16 ottobre 2009, n. 1628).

Stabilito, pertanto, che sussistono gli elementi per la condanna dei resistenti al risarcimento del danno ingiusto, subito dal ricorrente, per la loro quantificazione, il Collegio ritiene di avvalersi del sistema, disciplinato dall’art. 35, comma 2°, del d. l.vo 80/98, secondo cui il giudice amministrativo, quando dispone il risarcimento del danno ingiusto, può stabilire i criteri in base ai quali l’amministrazione pubblica (o il gestore del pubblico servizio) deve proporre, a favore dell’avente titolo, il pagamento di una somma entro un congruo termine (con la possibilità d’attivare il rimedio dell’ottemperanza, in caso di mancato raggiungimento d‘un accordo tra le parti).

La scelta di un tale sistema di determinazione del danno presuppone, quindi, che il Tribunale detti i criteri, in base ai quali privato e P. A. devono accordarsi, circa la somma effettiva da liquidare; ebbene, di seguito si enunceranno appunto questi criteri, prendendo in esame le varie voci di danno, delle quali il ricorrente ha chiesto il ristoro, per stabilire quale di esse sia ammissibile e, in via approssimativa, in quale misura debba essere riconosciuta:

1) risarcimento del danno subito per effetto dell’ablazione del bene, “sine titulo”; esso va riconosciuto, giusta quanto osservato in precedenza, e quanto alla misura di tale risarcimento deve trovare applicazione il 6° comma della disposizione in commento (art. 43 d. P. R. 327/01), a norma del quale:

“Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, nei casi previsti nei precedenti commi il risarcimento del danno è determinato: a) nella misura corrispondente al valore del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7;

b) col computo degli interessi moratori, a decorrere dal giorno in cui il terreno sia stato occupato senza titolo”.

c)

Relativamente all’affermazione delle parti resistenti, tendente sostanzialmente ad escludere, dal computo del risarcimento del danno in questione, l’area, di mq. 9970, di cui al foglio 2, p.lla 1060, di proprietà del ricorrente, sul presupposto che la stessa non è stata utilizzata per la realizzazione degli alloggi “de quibus” ed è rimasta sempre nella disponibilità del ricorrente (al quale può, pertanto, essere restituita), s’osserva che il ricorrente ha negato – nella nota difensiva, depositata l’11.02.2010 – le asserzioni delle controparti, di cui sopra, affermando che la predetta area, oggetto d’occupazione, era stata anche recintata dall’Autorità espropriante e, quindi, sicuramente sottratta alla sua disponibilità.

Relativamente a tale questione, osserva il Tribunale come, relativamente a tale particella, sia certo che la stessa è compresa nel piano particellare grafico – descrittivo, allegato al decreto d’occupazione delle aree, di proprietà Pappalardo, prot. 1525, n. 11, del 28.01.2003.

Stante, pertanto, l’avvenuta, formale, occupazione dell’area “de qua”, non v’è ragione, allo stato, d’escluderla dal computo del risarcimento del danno, come sopra determinato.

Quanto sopra statuito, ovviamente, lascia salvi ed impregiudicati gli effetti di eventuali successivi provvedimenti e/o accordi, con i quali la particella di terreno in parola dovesse essere restituita al ricorrente, sul presupposto della mancata irreversibile trasformazione della medesima.

Detti provvedimenti e/o accordi, in ogni caso, in quanto futuri ed incerti, fuoriescono dal fuoco della presente decisione, come pure fuoriescono i riflessi di tale eventuale restituzione sulla misura del risarcimento del danno, spettante al ricorrente;

2) risarcimento del danno da illegittima occupazione dell’immobile, per il periodo successivo alla scadenza della dichiarazione di p. u. i. u. delle opere (mentre la domanda di riconoscimento delle indennità, dovute per il periodo di occupazione legittima, sfugge, giusta quanto sopra rilevato, alla giurisdizione del G. A.);

anche in tal caso, deve riconoscersi la piena spettanza di tale voce di danno, posto che anche l’occupazione degli immobili, in difetto del necessario presupposto, rappresentato da una valida dichiarazione di p. u. dell’opera, deve considerarsi eseguita abusivamente dalla P. A., e il relativo pregiudizio va calcolato, giusta quanto si legge nella sentenza n. 3169/01 del Consiglio di Stato, in misura pari “agli interessi legali calcolati su una somma pari al valore venale” dell’immobile occupato, da computarsi “al tasso legale via via vigente”.

In argomento, si tenga presente una recentissima sentenza del T. A. R. Brescia, dalla quale si trae la conferma della necessità dell’adozione del prefato criterio di calcolo: “Ai sensi dell’art. 43 del d. P. R. 327/01, a differenza di quanto avveniva nel periodo in cui si riconosceva operatività all’istituto dell’accessione invertita, l’obbligo per il danneggiante di tenere indenne il proprietario della perdita del proprio bene comporta l’obbligo di risarcire (dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 349 del 2007) il valore di mercato del terreno al momento dell’adozione del provvedimento ablatorio, nonché i danni derivati dalla mancata utilizzazione del bene per il periodo compreso tra l’inizio dell’occupazione senza titolo e l’adozione del provvedimento di acquisizione, ex art. 43;

sulla somma complessiva dovranno essere applicati la rivalutazione monetaria, secondo indice ISTAT dei prezzi al consumo, e gli interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate dalla data della domanda giudiziale al saldo.

Il danno per la mancata utilizzazione del bene, nel caso di occupazione illegittima, non può che essere determinato secondo quanto previsto dall’art. 43, comma 6, del d. P. R. n. 327/2001 (T. U. espropriazione) e cioè in misura pari agli interessi; “tali interessi, sebbene siano stati qualificati come “moratori” dal legislatore, nel contesto sistematico della disposizione, assumono, piuttosto, la fisionomia degli interessi compensativi, per il mancato godimento del bene, in analogia alla previsione dell’articolo 1499 del codice civile.

Il criterio degli interessi supera, assorbendoli, altri diversi criteri elaborati dalla giurisprudenza, compresi quello del “valore figurativo” del bene, connesso al valore locativo del bene e quello della indennità di occupazione (legittima) (così C. G. A., 25 maggio 2009, n. 483)” – T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 15 gennaio 2010 , n. 55;

3) quanto alla richiesta di risarcimento del danno, da deprezzamento dei fondi limitrofi residui (anch’esso poi da incrementarsi, secondo il ricorrente, degli accessori di legge), rileva il Tribunale che, pur se detto danno può, in linea di principio, certamente assumere, nell’ottica del risarcimento integrale del danno, subito per effetto dell’illegittima apprensione dei suoli, un rilievo autonomo (cfr. T. A. R. Abruzzo Pescara, 24 luglio 2003, n. 657: “Il risarcimento del danno va quantificato tenendo conto, inoltre, del deprezzamento del residuo dei fondi stessi e dei costi eventualmente sostenuti per il riadattamento delle porzioni residue”), pur tuttavia, nella specie, parte ricorrente non ha fornito prova adeguata dei presupposti, a fondamento di tale ulteriore voce di danno, nonché elementi idonei, in ogni caso, circa la misura del pregiudizio subito; lo stesso ricorrente non ha specificato, in particolare, quali porzioni residue del fondo, di sua proprietà, sarebbero state intercluse (circostanza, tra l’altro, negata dalle controparti); del resto, osserva il Collegio che le sistemazioni dell’area di sua proprietà, onde consentire un agevole accesso alle parti residue del fondo, rientravano nell’accordo, concluso con l’Amministrazione nel 2002; se, dunque, è evidente che detto accordo, giusta quanto sopra rilevato, non può evidentemente fondare alcuna acquiescenza, rispetto alla proposizione della presente azione, è altrettanto chiaro che, in presenza di un accordo siffatto, la circostanza di aver subito, ciò nonostante, un danno da deprezzamento delle aree residue, avrebbe dovuto essere oggetto di puntuale dimostrazione da parte del ricorrente, in assenza della quale, la suddetta voce di danno non può essergli riconosciuta.

Attesa, infine, l’adozione, da parte del Tribunale, del sistema di determinazione del danno, ex art. 35 cpv. d. l.vo 80/98, anche la richiesta di parte ricorrente, di disporre una consulenza tecnica, volta al calcolo delle somme di denaro dovute, per effetto delle voci di danno riconosciute al medesimo, non può, evidentemente, essere accolta.

Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono la soccombenza e vanno, pertanto, poste a carico del Comune di Bellizzi e della “I. A. C. P. Futura”, con vincolo di solidarietà tra di loro; le stesse vanno liquidate nella misura, specificata in dispositivo.

Sussistono invece valide ragioni, per disporre la compensazione delle spese, quanto all’altra parte intimata e non costituita (Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Salerno), rimasta sostanzialmente estranea alla procedura espropriativa “de qua”.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione Seconda di Salerno, decidendo circa il ricorso in epigrafe, così provvede:

- dichiara inammissibile, per difetto di giurisdizione del G. A., la domanda volta al riconoscimento, in favore del ricorrente, dell’indennità da occupazione legittima del bene, oggetto della procedura espropriativa;

- accoglie, nel resto, il ricorso e per l’effetto condanna il Comune di Bellizzi e l’I. A. C. P. Futura al risarcimento del danno, in favore del ricorrente, da calcolarsi secondo le indicazioni, fornite in parte motiva, mercé l’adozione del sistema, disciplinato dall’art. 35 cpv. del d. l.vo 80/98.

Condanna il Comune di Bellizzi e l’I. A. C. P. Futura al pagamento in favore del ricorrente, solidalmente tra loro, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, complessivamente liquidati in € 3.000,00 (tremila/00), oltre I. V. A. e C. A. P. come per legge.

Compensa ogni altra spesa di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2010, con l’intervento dei Magistrati:

La presente sentenza viene sottoscritta, oltre che dall’estensore, dal componente più anziano del Collegio, ai sensi dell’art. 132 co. 3° c. p. c., per sopraggiunto decesso del Presidente

Filippo Portoghese, Presidente FF

Francesco Mele, Consigliere

Paolo Severini, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/05/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO